True Planets

13 Dicembre 2010

Bestiarium 2010, ovvero: la “Dialettica dell’Insulto” – del Dr Paolo C. Fienga

Filed under: Articoli — info @ 00:07

 §§§

“…L’uomo, per millenni, ha costruito il senso del suo vivere. Oggi l’uomo non sa, non vuole più farlo. La distruzione è la sola espressione della sua presenza terrena, una distruzione che riesce a intaccare il pianeta stesso, minacciato dall’attività predatoria e inquinante. La distruzione riguarda anche la sfera personale, minima. Si distrugge e ci si lascia distruggere. Ci si lascia distruggere quotidianamente da una politica che è la degenerazione del più basso servilismo; ci si lascia distruggere da una classe politica che darebbe la nausea anche ai più turpi figuri del basso impero. Ci si lascia distruggere da una sottocultura dell’imbecillità, in cui l’ignoranza è una simpatica caratteristica e viene esibita senza vergogna, ma quasi con un pizzico di civetteria compiaciuta. Ci si lascia distruggere dalle menzogne, dai luoghi comuni, dalle banalità consacrate a rivelazioni somme; ci si lascia distruggere dalla miseria morale e dalla desolazione culturale…”

Paolo Cortesi

 

§§§
 

Forse, quando io ero ragazzino (e, credetemi, non è stato neanche troppo tempo fa…), le metodologie educative erano troppo pesanti e repressive: niente parolacce, parlare composto e rispetto per le opinioni altrui, quand’anche e per quanto esse fossero scomposte, sconnesse e – magari – irritanti (anche nella loro esposizione, perché no?!?).

In caso di disaccordi, anche profondi, nessuna esternazione “rumorosa”, specie al di fuori dell’ambito domestico (perché “non sta bene”) e nessuna “uscita” dai binari dell’educazione formale era tollerata (sull’educazione sostanziale, anche “durante i miei anni più verdi”, forse si potrebbe dire qualcosa di non esattamente positivo, ma non questa volta. Non ora).

Ed il sacrosanto Diritto di Dissentire, Vi chiederete? Dov’era quel Diritto?

Garantito! E che diavolo… Ma con qualche puntualizzazione: prima si ascolta, poi si risponde; prima si pensa e poi si parla.
Non si alza la voce e si guarda l’Interlocutore negli occhi.
E comunque, su tutto, avere Rispetto.
Il Rispetto è un Dovere ed avere Rispetto per gli altri è una Garanzia di Civiltà.

Il Rispetto andava portato – e questo mi pare un concetto sacrosanto – verso chiunque, ma con una punta di enfasi allorché esso andava a rivolgersi, in particolare, verso i Familiari, gli Insegnanti, i Superiori gerarchici, i Colleghi più anziani e quindi gli Anziani tout-court.
Naturalmente, all’interno di ognuna di queste categorie, laddove ci fosse stata una donna, il Rispetto – almeno quello formale – doveva essere ulteriormente enfatizzato e, magari, raddoppiato.

E quali erano le punizioni per i disobbedienti? Dipendeva dal contesto, naturalmente.
A scuola (vigevano ancora le cosiddette “sanzioni corporali”) si rischiava una coppia di sberle, o qualche bacchettata sul palmo delle mani (o sulle nocche); a casa…idem.
Negli ambienti professionali, invece, venivano applicate pesanti sanzioni disciplinari (“l’insubordinazione”, ossìa la mancanza di Rispetto verso un Superiore, fu giusta causa, negli Anni compresi tra il 1950 ed il 1969, di innumerevoli licenziamenti).
Ma quale che fosse il contesto di riferimento, per colui (o molto peggio se si trattava di una “colei”…) che dimostrava di possedere poca Educazione – e poco Rispetto – veniva riservato un trattamento da “appestato” da parte di coloro che questa “Educazione” e “Rispetto”, invece, li possedevano.

Ricordo tanti ragazzini trattati da “gentaccia da evitare” perché colti in flagranza di insulto, o perché sorpresi a fare qualcosa che mal si sposava con i dettami educativi di quegli anni.

Ovviamente eravamo tutti liberi di pensare il peggio del peggio, ma durante uno scambio dialettico, a scuola ed in spiaggia, come allo stadio o in famiglia, non veniva concesso – tranne rare e sporadiche eccezioni (peraltro subito censurate e, di regola, adeguatamente isolate e punite) – molto spazio per quello che, una volta, veniva chiamato (meglio sarebbe dire “bollato”) come “linguaggio da scaricatori di porto” o “da carrettieri” (con tutto il rispetto, naturalmente, per entrambe quelle categorie professionali.

Perché “carrettieri” e “scaricatori di porto” (con varie ed eventuali variazioni sul tema a seconda della Regione della Penisola coinvolta) Vi chiederete? Perché, purtroppo, queste due Categorie Professionali erano, di regola, rappresentate da soggetti privi di cultura.
Ossìa da gente ignorante.
E la mancanza di Rispetto – una “dote” propria, appunto, degli “ignoranti” – era ritenuta essere (diremmo ampiamente a torto, ma tant’è…) una prerogativa delle persone appartenenti ai certi bassi della Società.

Persone che, quando si voleva essere “carini”, venivano chiamate “poveracci”.

E quali erano le conseguenze di questo (ripeto: sicuramente troppo drastico) approccio?
Eccole: l’uso del turpiloquio, del linguaggio “stracciato” e cioè volgare, ossìa il sintomo più evidente di una mancanza di Rispetto per gli altri, era considerato (soprattutto a scuola: la vera – e direi unica – via d’accesso alla Società Civile) come un inconfutabile sintomo di ignoranza
L’ignoranza, dal canto proprio e come dianzi detto, era un altrettanto inconfutabile segno di appartenenza ai ceti più umili della Società e l’’appartenenza ai ceti più umili della Società era un muro, sovente insormontabile, che separava una parte della Popolazione (che, magari, al di là di un’eccessiva “coloritura” del linguaggio, aveva anche sogni, idee e volontà, ma non mezzi) dal resto della Collettività (che magari non aveva sogni – o ne aveva di meno –, né idee e volontà – idem – ma che sicuramente questi mezzi li possedeva).
Un muro che lo si iniziava a costruire a scuola e che poi lo si completava nel mondo del lavoro.
Qualsiasi lavoro.

Era questo un Modello Educativo e Sociale giusto?

Certamente no, anzi: era un Modello decisamente orrido, figlio di una serie di Valori (e Disvalori) che traevano la loro origine e forza dalle rovine dell’Italia del dopoguerra e dai falsi splendori degli Anni del Boom.
Era un Modello che privilegiava la forma sulla sostanza e l’apparenza sulla realtà.
Era, in ultima analisi, un Modello brutto e sbagliato, ergo un Modello Educativo e Sociale (e “Qualificativo”) ingiusto.

Ed infatti, come spesso – sebbene non sempre – è accaduto nella Storia, i Modelli ingiusti, nel tempo e con il tempo, cadono.
Cadono e vengono rimpiazzati da altri sistemi.

Spesso, come andremo a vedere per questo caso specifico, da Modelli ancora più aberranti: Modelli di gran lunga peggiori del Modello (già orribile di suo) che era stato abbandonato.

§§§

Gli anni sono passati: è passata la rivoluzione sessuale, la rivoluzione dei Figli dei Fiori e la rivoluzione studentesca; è passata la Corea, il Viet-Nam ed il Biafra.

Siamo andati sulla Luna, abbiamo sintetizzato nuovi farmaci capaci di guarire da malattie che storicamente ritenevamo indebellabili e, nel contempo, abbiamo inventato nuove malattie.

Abbiamo ridotto, in parte, i nostri arsenali nucleari, ma in compenso abbiamo costruito armi chimiche e batteriologiche.

Abbiamo sconfitto il “terrorismo locale” (ricordate le Brigate Rosse in Italia e le Baader & Meinhof in Germania?) ed in compenso abbiamo inventato il “terrorismo internazionale”.

Abbiamo sostituito alla guerra d’invasione, la “guerra preventiva”.

Abbiamo creato la politica da strada e quella da bar, le televisioni commerciali, i salotti televisivi, i talk-shows, l’intrattenimento salutare (con lo sport – purché non proposto in maniera ossessiva e ripetitiva – e con la documentaristica – anche questa da prendersi con le dovute misure e cautele) e l’intrattenimento decerebrante (con i Quiz per diventare Milionari aprendo pacchi e rispondendo a domande idiote e nozionistiche; con i Processi e gli Appelli, con i Grandi Fratelli, le Isole dei Famosi e tutto quel Mare Magnum di trash-television che viene sussunto sotto il nome di “Reality Show”).

Abbiamo trasformato il Mondo e, nel farlo, abbiamo trasformato la Società. E la Società è fatta di individui: la Società siamo noi.
E le interazioni sociali (ossìa le interazioni fra gli individui)? Le abbiamo cambiate?

Certamente!
Anche le interazioni le facciamo noi, ma con una puntualizzazione: il Modello Culturale degli Anni ’48-’68 il quale, inter alia, stabiliva le direttive di base per le predette interazioni, lo dava (nel bene o nel male) la Famiglia in primis, poi la Scuola (e cioè l’espressione istituzionale della Cultura) e quindi coloro che, a cominciare dai primi Anni ’60, vennero chiamati “Intellettuali” (e cioè l’espressione NON istituzionale – ma non per questo meno valida ed autorevole – della stessa Cultura).

Specie durante gli Anni ’70 i risultati distorsivi del “fervore intellettuale” del decennio precedente – come ovvio – non mancarono (le cellule del terrorismo italiano rosso e nero, entrambi armati, nacquero proprio a cavallo di quegli anni), ma non mancarono neppure i risultati confortanti: e qui parliamo di Scienza, d’Arte, di Letteratura, Sport e, che ci crediate o meno, anche di Politica! Si: anche la Politica ebbe un ruolo che, sebbene imperfetto, possiamo comunque definire ampiamente costruttivo ed indicativo (gli “statisti”, lo saprete bene, non sono certo un “parto” unico del Diciannovesimo Secolo e del primo terzo del Ventesimo!).

Ma poi le cose cambiarono.
A partire dalla fine degli Anni ’70, con un crescendo iniziato intorno al 1973 e che divenne “Rossiniano” fra la metà degli Anni ’80 e la metà degli Anni ’90, per poi giungere ad un “top” quasi indiscusso negli Anni compresi fra il 1998 ed oggi (AD 2010), le interazioni sociali degradarono, al pari dei Modelli Culturali di riferimento che le proponevano.

Forse avrete già inteso dove mi sto dirigendo: questi (meravigliosi o dannati) Modelli, negli Anni successivi al 1973, non vennero più forniti da Uomini e/o Istituzioni.
Essi non vennero più forniti da libri.

Essi vennero forniti, in buona sostanza, dalla televisione.

E qui non parliamo della “televisione intelligente”, certamente no: qui parliamo solo della tivvù urlata e sguaiata, con i suoi riti, i suoi idoli e, ahinoi, con i suoi “modelli culturali” (e questa volta le maiuscole “M” e “C” non mi sento proprio di usarle…).

E poi è arrivato Internet (“The Internet Bubble”, dicono in America) il quale, in quanto a produzione di violenza, sotto-cultura e confusione, non ha scherzato nè scherza affatto.

Anzi…

Risultato? Potremmo scrivere un trattato sui risultati di questa metamorfosi pseudo-culturale, ma dobbiamo tentare di essere stringati.

Diciamo questo: il risultato primario è stato sociologico. Abbiamo “imparato” che nella Vita non conta più crescere, apprendere e progredire, magari soffrendo.
No.
Nella Vita conta vincere, in qualsiasi modo ed a qualunque costo. Lecitamente od illecitamente non importa.
Conta solo comandare e guadagnare: schiacciare i deboli, sfruttare gli indifesi, massacrare gli inutili.
Sorridendo, però.
Sorridendo sempre.
E, laddove possibile (e cioè, oggi, ovunque), prendendo gli interlocutori per il fondoschiena (o meglio: per il culo).

Ma questo è un discorso diverso e troppo complesso per poterlo esaurire in qualche paginetta. Procedemus…

§§§

Nel nostro piccolo ambito, che è quello degli scambi dialettici, il risultato di questa “distorsione sociale e culturale”, che è inevitabilmente divenuta una “distorsione mentale”, è stato altrettanto mortifero e deleterio.
Con l’abbandono (forse – ed almeno in parte – positivo) del formalismo dialettico (il “voi” è ormai defunto ed il “lei” è diventato un segnale linguistico indicativo di distacco e, sovente, di formale disprezzo più che di deferenza e/o rispetto), sono subentrati nuovi modelli interazionali.
O, più semplicemente, nuovi modi di parlarsi.

Vediamoli: il primo modello internazionale (dialettico e generalizzato) ad essere subentrato – almeno in Italia – è stato il “tu” indiscriminato (sovente, ed almeno per chi scrive, più becero ed irritante del “voi” di antica e per lo più meridionale memoria).
Poi c’è il “pensato-parlato” (comune nell’intrattenimento e fatto di riflessioni ad alta voce le quali però, nella stragrande maggioranza dei casi, per come vengono espresse, farebbero molto meglio a rimanere nel cosiddetto “foro interno”).
C’è poi il “burinismo” (per essere brillanti e “à la page” è opportuno esprimersi in dialetto romanesco, ma non quello usato dal Giusti o da Trilussa: è caldamente suggerito il dialetto – inflessione e termini – usato dai “burini”, ossìa i rozzi campagnoli dell’entroterra laziale).
Ultimo, ma certo non meno importante, il “politichese” (una maniera in fondo carina per indicare il parlare, dotto e prolisso, di qualcuno che non ha nulla da dire su un argomento “politico”, ma questa espressione, mutatis mutandis, può anche essere adottata nello sport, nell’attualità e quant’altro).

Le partizioni non finiscono certamente qui, ma questi quattro esempi sono più che sufficienti per fare il punto.

La “ciliegina” sulla torta del linguaggio degli Anni 2000 è comunque data, sicuramente per le prime tre macro-classi di modelli dialettici (ma spesso anche per la quarta, ahinoi…), dalla necessità di impiegare quante più espressioni volgari sia possibile (perché “fa fico”) e, in caso di disaccordo – anche velato – by-passare l’alterco moderato (e dialettico, appunto) per passare direttamente all’insulto.

Secco, violento e, per chi non ha recepito i modelli linguistici del 2000, decisamente proditorio.

Ma perché tutto questo?

Perché non sappiamo più ragionare?
Perché l’Età dei Lumi è oggi confusa con l’anno di produzione del lampadario di casa?
Perché viviamo in una Società “competitiva” e quindi dobbiamo essere “competitivi” (ahi! Ecco un’altra macro-classe che ho dimenticato: quella dei clichès e dei luoghi comuni!…)

O forse perché i modelli culturali che abbiamo recepito ci impongono un rapido abbandono del dialogo (nei soliti luoghi preposti e cioè in casa, a scuola, sul lavoro, con gli amici, allo stadio, al bar e, naturalmente…in televisione!) per giungere, senza troppi ed inutili preamboli, allo scontro?

In fondo anche la Politica Internazionale mi pare che funzioni così, specie quando c’è di mezzo il “terrorismo” (e quante cose dovremmo dire pure a proposito del “terrorismo”…Ma lo faremo, anche questo, un’altra volta).

Non importa più, comunque, aver ragione o torto: ciò che importa è imporre.
Ciò che conta è sopraffare.
Ciò che conta – e non importa certo “come” – è “vincere”.

Nella dialettica, questo – a mio avviso palese – stato di “alterazione mentale” si esprime attraverso l’urlo (e non pensate che mi riferisca solo alla verbalità: si può urlare – forse meglio – anche solo scrivendo); attraverso l’offesa gratuita, attraverso lo sberleffo, villano e volgare, “macchepperò fa ride!”.

Resa l’idea?!?

Bisogna strappare il cuore all’interlocutore e gettarlo in pasto alla folla.
Un interlocutore che non è più una persona ovviamente, ma è solo un nemico. Un qualcosa – neppure un “qualcuno”… – da afferrare, abbattere e fare a pezzi (come la statua di Saddam: ve ne ricordate?).
Un qualcosa da svellere dalle sue (deboli) basi e da rivoltare dall’interno, finchè non sopraggiunge la morte (dialettica, ovviamente, ed almeno in questo contesto…).

Giovane o vecchio, ricco o povero, di cultura o “ignorante”, non c’è più differenza: la portata del messaggio “culturale” del Nuovo Millennio è davvero “universale” ed è ormai totalmente…Democratica: chiunque vi può accedere senza che il reddito, la cultura, l’estrazione sociale o quant’altro facciano da scudo.
Incredibile, ma vero: dopo secoli di lotta, abbiamo raggiunto la Democrazia (quella vera ed unica).

Ma solo nell’arte di insultarci e di metterci le mani addosso: adesso non ci sono davvero più limiti e frontiere.
E la “madre” di questa “democrazia”, chi è?

Ma è naturale: è la televisione. Tutti la odiano ma tutti la guardano (si certo: anche chi sta scrivendo).

Come i programmi decerebranti che però fanno “audience” (e su questi, invece, mi distacco: sebbene a fatica, ho vinto la tentazione di “buttare un occhio” per vedere che cosa succede, ad esempio, sull’”Isola dei Famosi”, alla “Fattoria”, ai talk-show per sventurati tipo “Al Posto Tuo”, al “Grande Fratello”, senza dimenticare “Le Jene” e tutta la progenie di orridi e squallidi quizzzz che infestano le Reti Nazionali e Private).

E la curiosità di guardare, almeno un po’, spesso, era forte. Smettere di fumare, in fondo, è stato molto più semplice…

E comunque sia, ho guardato abbastanza spazzatura per riuscire a capire il messaggio che “passa” e che “buca lo schermo” (come dicono gli esperti).
E’ un messaggio chiaro.

Vincono i forti, i furbi, gli arroganti, quelli che “possono”, quelli che “vogliono”, quelli che hanno la Forza (la Forza, badate bene: NON il Coraggio!) di prendersi la ragione.
Quelli che non devono chiedere, come diceva una divertente e lungimirante pubblicità degli Anni ’80, mai.

E poi bisogna smetterla di essere ragionevoli, misurati, prudenti od educati: questi non sono più “segnali” (per giunta FORTI) di Forza e di Cultura: questi sono solo segnali (FORTISSIMI!) di DEBOLEZZA!

Non ci credete? Ma guardate le trasmissioni televisive, dallo Sport alla Politica e per giungere al (cosiddetto) Intrattenimento: che cosa vedete (a parte molti dettagli femminili intimi – gradevolissimi, come dolci e salumi, ma a condizione di non eccedere)?
Gente che strilla, che si insulta – senza usare perifrasi, ormai, poiché fuori moda – e che cerca, senza mezze misure, non di conquistare una superiorità dialettica (e cioè intellettuale) sull’interlocutore, bensì una superiorità “sonora” (o anche fisica, talvolta, negli stadi, come alla Camera, come in televisione…) sul “nemico”.

Anche nelle Tavole Rotonde fra Scienziati e Ricercatori Scientifici ho visto e sentito becere gazzarre.

Non c’erano Colleghi con idee diverse da affrontare (le idee, appunto) e discutere: no.
C’era (e c’è) solo un nemico da abbattere, poiché solo abbattendolo si sarebbe riusciti a dimostrare la bontà del proprio pseudo-pensiero.

E allora non ci può e non ci deve essere più posto per le metafore, le “sfottenti” allegorie, gli inviti ed i rilanci: ci sono gli insulti.

Solo gli insulti, i quali arrivano là, dove la Logica ed il Buon Senso (oltre al famoso – ed ormai morto e sepolto Rispetto) non hanno più terreno.

E questo perché? Perché non è più l’Idea in gioco. Non è più il “concetto” discusso e controverso che sta alla base dello scontro, no.

E’ colui che parla – e cioè è il Soggetto –, la parte che conta e che deve prevalere: è per questo che ogni mezzo diviene lecito e la Dialettica, come l’Etica e come tutte le Sacre Arti del Pensiero, svaniscono nel nulla.

L’incontro/scontro di idee e di pensieri – una volta… – diventa solo uno scontro (praticamente fisico) di individualità (prima) e di individui (poi).
E per farla breve, non vince chi ha più idee: vince chi è più forte.
Con le parole (rectius: le urla e gli insulti) o con le mani (e vai: un milione di anni di evoluzione, ed eccoci di nuovo qui, ad “armare le clave”…).

Ed il pubblico? Chi guarda che cosa fa? Dove va l’empatia? Ma è evidente: salvo rarissime eccezioni (che mi raccontano, ma che non ho mai visto) va dal più forte.
Va da quello che vince, come la logica “gladiatoria” (ma anche vigliacca e cialtrona) della Roma Imperiale ci ha insegnato.
Dunque non aspettiamoci, a fronte di un incontro/scontro fra un Intellettuale ed un Individuo che blatera, una lotta paritaria ed un incontro/scontro di pensieri: se l’Intellettuale resterà fedele al suo retaggio, la partita la perderà per abbandono.
Il suo, naturalmente, dopo che l’individuo/interlocutore avrà trasportato lo scontro dialettico in “piazzata” da carrettieri e da scaricatori di porto (ed ancora sorry alle due menzionate categorie Professionali).

Siete dubbiosi? Dovete solo accendere la televisione nelle ore dedicate all’ascolto “leggero” (si dice così: lo sapevate?) oppure allo sport (calcio, per il 99,99%).
E se la televisione non Vi basta, andate pure in giro sul WorldWideWeb: i Siti ed i Public Forum infestati da queste bestie che blaterano cultura, libertà e democrazia, ma che sono pronte ad azzannarvi se non le assecondate (e meglio sarebbe se le apprezzaste ed idolatraste in forma eclatante…).

Io ne ho incontrate (nella realtà e nel mondo “virtuale”) di queste bestie, e l’incontro non è stato per niente gradevole.
Ho provato a parlare, ma ne ho solo ricavato degli insulti.
Subito, senza storie e senza preamboli: non sei d’accordo con me? E allora vattene “aff….”.

Splendido.

Ora, sia chiaro, io non sono un agnello sacrificale e non sono neppure un Magister Verbis, ma se qualcuno mi parla e mi dice cose su cui io mi trovo in disaccordo, rispondo, si, con il disaccordo, ma esso è e rimane verbale, dialettico e rigorosamente rispettoso (anche perché, in fondo, può anche darsi che sia il mio interlocutore ad aver ragione…).

Certo è che se il mio interlocutore, repentinamente, al primo segno di dissidio, esplode nell’insulto, io ho solo due possibilità: o ribatto (e la disfida, come l’esperienza mi ha insegnato, degenera), o me ne vado (operando un “commodus discessus”, o ripiegamento agevole – e cioè onorevole – come avrebbero detto nell’antica Roma).

Il tempo e la mia “educazione”, intesa come retaggio culturale, mi hanno insegnato a preferire (a volte dico, sinceramente, “purtroppo”) il ripiegamento agevole.
Me ne vado, insomma, e la “pianto là”: magari non sono proprio soddisfatto (anzi!), ma me ne vado.

E che cosa succede, a questo punto? Succede che, di regola, la “folla” – e cioè quelli che osservano e/o ascoltano (ma senza mostrarsi, come i fruitori dei telefoni erotici che non parlano ma si limitano – come dei veri codardi, sino all’inverosimile… – ad origliare quello che gli altri si dicono a lettere più o meno chiare…), si fanno sentire, rigorosamente a partita finita, ed applaudono, sempre di regola, la bestia.

§§§

Bene, credo di aver chiarito il mio “punto” anche se, forse, quei pochi che hanno avuto il coraggio e la pazienza di leggere sin qui adesso si troveranno un po’ disorientati…Magari Vi chiederete quale fosse lo scopo di questa lunga (e noiosa, probabilmente) prolusione.

Solo uno, cari Amici: quello di ricordare, di ricordarmi e di ricordarVi, che – come disse Voltaire – “l’uomo che alza le mani per primo, è quello che non ha più idee in testa”.

Ecco, oggi funziona così.
Magari, in tanti casi, dovremmo dire che l’uomo (anzi: l’individuo) che alza la voce per primo è quello che non ha più idee in testa, ma il concetto di fondo non cambia, non credete?!?

Per cui, la prossima volta che osservate due che si accapigliano, nella vita, in mezzo alla strada, in televisione o sul WWW, provate a vedere che “tipi psicologici” sono.

Vedete se il loro è un confronto “intellettuale”, “bestiale” o – ahimé il peggiore – fra “intellettuale e bestia”.

E poi provate ad intervenire. Ma non per sostenere quello che urla oppure, a partita finita, il vincitore.
Provate a sostenere, se c’è – e, credetemi, c’è sempre – la Ragione.

Essa prescinde dai contendenti-litiganti: essa è un quieto bisbiglio che, nelle orecchie di chi parla o di chi ascolta, sussurra sempre qualcosa di chiaro ed inconfondibile.

Sostenetela.

Se non lo faremo (e se non lo farete), il prezzo da pagare – alla fine – sarà molto alto.

E poi non dimenticate una cosa: un giorno, nel ruolo di Paladini della Ragione e contro l’Ignoranza dominante e bestiale – ed a prescindersi dal merito effettivo della controversia  – potreste esserci Voi.

§§§

Postfazione

Questo articoletto l’ho scritto per puro passatempo, un quattro o cinque mesi fa (o forse anche di più), ispirato dalla lettura di un articolo dell’Amico Paolo Cortesi.

Oggi lo pubblico e dedico, di Cuore, ai ragazzotti (anzi, ai “pirloni” o “pirlotti”, come si dice dalle mie parti – e che mi dicono avere già una certa età…) i quali, senza conoscere neppure una virgola di Lunexit e del sottoscritto (basta leggere il loro delirio per capirlo), hanno svillaneggiato ed istericamente – nonché volgarmente – insultato me e la Splendida Fondazione che rappresento (senza dimenticare qualcuno che si professa “amico” di Lunexit e mio, ma che è buono solo a tenere i suoi DUE-E-DICASI-SOLO-DUE piedi in 1000 scarpe diverse…).

In verità, mi era stato chiesto, da molti, di rispondere “a tono” e di innescare una “guerra” virtuale (a colpi di “flames”).

Beh, mi spiace, ma – sinceramente – le “guerre” (reali o virtuali) a me non interessano. Mi interessa il confronto, semmai, su argomenti sensati e sensibili. Ed intelligenti. E sui quali posso esprimere un’opinione informata e pacata.
Certo non lo scontro. Mai. E certo non lo scontro con quattro poveracci che sono non solo troppo ignoranti per capire prima ed imparare poi come si vive in una Società REALMENTE Civile, ma anche troppo arroganti per ritirarsi in buon ordine dalla medesima e dedicarsi a qualche attività VERAMENTE costruttiva (chessò, coltivare la terra o raccogliere carbone in miniera ad esempio).

E comunque, se parliamo solo di “tono” (nel senso letterario del termine), allora devo dire che, nelle prolusioni dei poveri ed anonimi codardi che hanno sbrodolato falsità e nefandezze SGRAMMATICATE e STOMACHEVOLI su Lunar Explorer Italia e me, io non ne ho trovata nemmeno un’oncia.

Ho trovato solo tanta volgarità (nelle righe e tra le righe).
Tanto rancore, che è sinonimo di frustrazione e fallimenti (ovviamente personali).
E, purtroppo, ho trovato tantissima ignoranza (la Madre di ogni male).

Ma nessuna di queste “virtù”, scusatemi, merita un istante in più del mio Unico e Preziosissimo Tempo…

Powered by Neo-Web.it