True Planets

9 Dicembre 2007

Osservazioni su Meridiani Planum – del Dr Gualtiero La Fratta

Filed under: Articoli — info @ 18:13

Meridiani Planum: un “mare” di dune di sabbia sovrastante un substrato roccioso chiaro e fessurato.

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Quest’immagine, sapientemente rielaborata da Lunexit, così come le altre raffiguranti la superficie di questa Regione di Marte è, geologicamente parlando, molto interessante.
Le ipotesi scientifiche sino ad oggi formulate sulla Storia del Pianeta Rosso, sostengono che in un passato – molto remoto – sia esistito, su questa Regione, un oceano (forse ad “acque basse”) ora totalmente prosciugatosi.
L’Oceano Marziano di Meridiani si generò, probabilmente, in seguito alla condensazione dell’acqua contenuta nei corpi celesti – detti planetesimi – che concorsero alla fase di aggregazione planetaria di Marte, circa 5 miliardi di anni fa.

In effetti, così come accadde per la Terra, innumerevoli asteroidi e comete vennero gravitazionalmente attratti dalla massa crescente del neo-pianeta in formazione e le collisioni che ne derivarono provocarono la fusione dei planetesimi stessi.
L’acqua contenuta al loro interno vaporizzò, iniziando a formare un’atmosfera primordiale intorno al neonato Marte.
Quando poi l’intensità dei fenomeni collisionali decrebbe, la crosta rocciosa cominciò a formarsi e l’acqua contenuta nell’atmosfera cadde, sotto forma di precipitazioni, intense e straordinarie che, a poco a poco, concorsero a creare fiumi, mari ed oceani.

Marte però, a differenza della Terra, non riuscì (per innumerevoli motivi) a trattenere a lungo un’atmosfera densa e protettiva intorno a sé.
Essa, infatti, in un arco di tempo (si ritiene) non lunghissimo si disperse nello spazio, provocando la graduale evaporazione del paleo-oceano di Meridiani e quindi il veloce raffreddamento dell’intero Pianeta.
Con l’esaurirsi dell’attività geologica, poi, si spense anche la copertura protettiva del Campo Magnetico Marziano: evento cruciale che rese il Pianeta Rosso un deserto.

Ora ci chiediamo se esistono delle prove geologiche sull’esistenza dell’antico Oceano di Meridiani e come esse potrebbero palesarsi ai nostri occhi.
Ebbene, ad un attento esame delle immagini inviateci dal Mars Exploration Rover Opportunity, la risposta potrebbe essere cautelativamente affermativa.

Analizziamo, nella fattispecie, il substrato chiaro e polifessurato emergente qua e là, tra le dune sabbiose che formano la distesa di Meridiani Planum.
L’aspetto degli affioramenti in questione potrebbe dipendere dalla presenza di un corpo roccioso unitario formatosi per evaporazione graduale di un’antica distesa d’acqua.

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In effetti, immagini come quella qui di sopra ci mostrano una struttura apparentemente sedimentaria di rocce fessurate il cui colore ed aspetto ricorda molto le cosiddette “evaporiti” terrestri.

Le evaporiti sono rocce che si formano in seguito alla deposizione, sul fondo di bacini lacustri o marini in essiccamento, di precipitati chimici dovuti alla sovra-saturazione dei sali presenti in soluzione nell’acqua.
Ad ulteriore conferma di questa teoria possiamo aggiungere la presenza delle numerose fratture visibili sulla superficie del predetto corpo roccioso affiorante: fratture che isolano porzioni di roccia aventi una geometria chiaramente poligonale.

Questa circostanza può dipendere dal fatto che certe litologie e certi suoli, perdendo acqua, riducono drasticamente il proprio volume frammentandosi e fessurandosi e quindi formando strutture di disseccamento dette “Mud Cracks”.
Questo fenomeno, per esempio, accade al Gesso – un tipico minerale evaporitico (CaSO4) che si trasforma in Anidrite, perdendo acqua in un volume pari circa al 38% – ed ai suoli ricchi di argilliti.
Per avere ulteriori conferme di questa teoria si dovrebbe conoscere la mineralogia esatta delle litologie, la potenza reale del corpo sedimentario ed avere un inquadramento geologico dettagliato della regione in questione.
Questa indagine, però, sarà possibile solo in un futuro, inviando una sonda ad hoc o, addirittura, uno staff scientifico umano fin lassù.

Per  citare un esempio di depositi evaporitici di “casa nostra”, invece, non si può fare a meno di citare la cosiddetta crisi di salinità del  Mare Mediterraneo.
Circa 6 milioni di anni fa, infatti (durante l’Età Geologica detta “Messiniano”), il “Mare Nostrum” si prosciugò in seguito alla chiusura dello Stretto di Gibilterra la quale fu molto probabilmente provocata dai movimenti tettonici collisionali fra la placca tettonica africana e quella europea.

Il risultato di questo evento fu l’accumulo di grandissime quantità di rocce evaporitiche che, ancora oggi, possiamo trovare sui fondali del Mediterraneo oppure, laddove esse vennero coinvolte nell’orogenesi alpina, anche sulla terraferma, in varie regioni d’Italia.
Nel territorio alessandrino, per esempio, tali corpi rocciosi sono raggruppati sotto il nome di Formazioni Gessoso-Solfifere.

A conclusione di questa sintetica trattazione non posso non citare en passant le ipotesi alternative prodotte dalla NASA riguardo al substrato roccioso di Meridiani Planum.

Gli scienziati del Centro Spaziale Americano propongono come causa principale dell’accumulo delle evaporiti in questione una coppia di elementi/fattori:

1) l’evaporazione di acque interstiziali insinuate tra i basalti e la rielaborazione della superficie da parte di processi eolici e fluviali;
2) l’allontanamento dal terreno di gas vulcanici ricchi in solfuri in seguito ad un evento collisionale di grande entità oppure a causa di attività vulcanica (intensa e prolungata) in genere.

Queste teorie potrebbero pure – ed in linea di massima – funzionare ma non convincono.

Se veramente ci fosse o ci fosse stata un attività idrotermale dovuta all’una o all’altra delle due cause citate dalla NASA, l’accumulo delle evaporiti sarebbe stato puntuale e sporadico e non così continuativo ed esteso a tutto Meridiani Planum.

Ma questa è solo una mia congettura…

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