La Costellazione della Lira (Lyra) – della Dott.ssa Paola Borghi
Tra i mesi di maggio e ottobre, nelle immediate prossimità dello Zenith, sul bordo occidentale della Via Lattea, è facilmente individuabile la piccola costellazione della Lyra.
La Lyra è costituita da alcune piccole stelle che disegnano una sorta di rombo ed è agevolmente riconoscibile anche ad occhi inesperti poiché, oltre a queste, si può vedere la grande Vega: il quinto astro più brillante del cielo (ed il secondo dell’Emisfero Settentrionale) che, insieme a Deneb del Cigno e Altair dell’Aquila, concorre a formare il “Triangolo Estivo”.
Circa 14000 anni fa Vega era la Stella Polare e, sempre a causa del fenomeno conosciuto come “Precessione degli Equinozi”, essa tornerà ad esserlo fra altri 12000.
Vega dista circa 26 Anni Luce dal nostro Sistema Solare e la sua luminosità intrinseca è di circa 58 volte maggiore rispetto a quella del Sole.
Nella Costellazione della Lyra troviamo una piccola nebulosa planetaria, nota come Messier 57 (o “Ring Nebula”), nonchè l’ammasso globulare Messier 56.
Dalla direzione della Lyra, arrivano anche due sciami di meteore: uno in aprile ed il secondo, più vistoso, intorno alla metà di giugno.
Numerosi sono i Miti legati a questa antica Costellazione, introdotta nel Cielo Boreale da Tolomeo, sulla Via Lattea, tra il Cigno ed Ercole.
La Lyra, infatti, ero lo strumento che Apollo donò ad Orfeo e che, alla morte del cantore, il Dio volle collocare in cielo.
Questa Lyra, la prima ad essere costruita, fu opera di Hermes che la creò dal guscio di una testuggine al quale poi aggiunse sette corde, tante quante erano le Pleiadi.
Hermes, figlio di Zeus e di Maia, riuscì a tirarsi fuori da un grosso guaio proprio grazie a quello strumento.
In una sciagurata impresa giovanile, infatti, egli rubò del bestiame ad Apollo che, infuriato, si presentò da lui a reclamare i capi sottratti.
Il Dio, nel giungere, sentì la musica che proveniva dallo strumento e ne rimase così incantato che lasciò il bestiame ad Hermes in cambio della Lyra stessa.
Più tardi, narra Eratostene, Apollo donò lo strumento ad Orfeo affinchè con esso egli potesse accompagnasse le sue canzoni (e non è certo inopportuno ricordare che Orfeo era il più grande musicista dell’epoca: un musicista, si narra, capace di smuovere ed incantare, grazie ai suoi canti, pietre, alberi e corsi d’acqua).
Orfeo si unì a Giasone ed agli Argonauti nella spedizione alla ricerca del Vello d’Oro e, quando si udì il richiamo incantatore delle sirene che da generazioni attiravano sventurati marinai che passavano in quei pressi, Orfeo intonò un canto capace di coprire quel mortifero richiamo, e quindi salvò gli uomini della spedizione.
In seguito Orfeo sposò la ninfa Euridice e, quando questa morì morsa da un serpente, il cantore scese negli Inferi e, con la sua musica, riuscì a convincere Ade, il Dio del Mondo Sotterraneo, a rendergli l’amata.
Il suo desiderio fu, in effetti, esaudito, ma Orfeo – purtroppo per lui – non riuscì a rispettare la condizione impostagli dal Dio: ovvero di salire in superficie senza MAI voltarsi a guardare l’amata.
E così, quando egli si girò per assicurarsi che la sposa lo stesse effettivamente seguendo, egli la perse per sempre.
La disperazione sovrastò il cantore che iniziò a vagare per le campagne suonando musiche malinconiche e, sebbene in molte chiesero di sposarlo, lui preferì restare in compagnia di giovinetti.
Ovidio narra che allora, tutte le donne respinte da Orfeo si coalizzarono e un giorno lo assalirono nei pressi di un fiume con sassi e lance.
In principio la sua musica incantò quelle armi che così non lo raggiunsero ma, in seguito, il chiasso provocato dalla donne coprì la musica ed egli venne ucciso.
A detta di Eratostene, invece, Orfeo fece adirare Dioniso non compiendo dei sacrifici in suo onore.
Secondo il cantore, infatti, la più alta Divinità da onorare era Apollo, il Dio del Sole; è per questo motivo, quindi, che Orfeo se ne stava sul monte Pangeo, ogni mattina, in attesa dell’alba, per poter essere il primo a salutare l’Astro Nascente con il suo canto.
Dioniso, geloso, non accettò un simile affronto e mandò i suoi seguaci ad ucciderlo e farlo a pezzi.
Perpetrato il delitto, la Lyra venne posta in cielo, con l’approvazione di Zeus, per ricordare Orfeo e la sua musica incantata.
Un altro mito lega la Lira ad Arione, musico servo del tiranno di Corinto, il quale gli permise di viaggiare per la Magna Grecia nel tentativo di arricchirsi col suo canto.
Sulla via del ritorno i marinai della nave su cui viaggiava ordirono un complotto per derubarlo e ucciderlo.
Ma Apollo comparì in sogno ad Arione per avvertirlo del pericolo e gli promise il suo aiuto.
Quando i marinai aggredirono Arione questi, astutamente, chiese e ottenne di poter cantare un’ultima volta prima di morire.
I marinai acconsentirono e così, al suono della sua Lyra, un branco di delfini subito accorse presso la nave ed il musico, fiducioso nell’aiuto del Dio, si tuffò in mare, laddove venne soccorso e portato a riva da uno dei cetacei.
I delfini erano, infatti, animali legati ad Apollo ed il loro nome deriva da Delfi, il luogo laddove si trovava il principale santuario dedicato della Divinità.
Giunto a terra, Arione dedicò ad Apollo un ex-voto e se ne tornò a Corinto, dove raccontò tutto al suo padrone.
Quando i marinai giunsero a Corinto furono – ovviamente – presi e condannati a morte; in ricordo dell’intera vicenda, poi, la Lyra ed il Delfino vennero mutati in costellazioni.